L’arte è donna, la bellezza anche. Da Tiziano a Boldini

“La natura delle donne è

intimamente alleata con l’arte”

– Johann Wolfgang von Goethe

Senza dubbio bella, ricca e affascinante è la mostra Donne nell’arte da Tiziano a Boldini, allestita nelle suggestive sale affrescate di Palazzo Martinengo nel centro storico di Brescia. Oltre novanta capolavori, suddivisi in sezioni tematiche, che abbracciano quattro secoli dal Rinascimento fino alla Belle Epoque, da ammirare per comprendere quanto sia stato importante e di primissimo piano, il ruolo ricoperto dalla donna nella storia dell’arte italiana. La poliedricità della donna si manifesta nelle tele esposte in tutti i suoi aspetti, la sacralità, la mitologia, il lavoro, la maternità, la sensualità. Molte delle tele esposte provengono da collezioni private, pertanto è un’opportunità unica la mostra per poterle ammirare.

La bellezza non è altro che una promessa di felicità

– Stendhal

Maddalena Penitente, Tiziano, 1558/1563 – collezione privata-


Il primo quadro che rapisce il mio sguardo è la Maddalena Penitente di Tiziano, la cui cronologia è compresa tra 1558 e il 1563. Tra le finalità del dipinto figurava l’incoraggiamento a seguire l’esempio di Maddalena che, pentita, chiede la redenzione dai propri peccati, mentre il teschio come “memento mori” a ricordare la caducità della vita. L’aspetto penitenziale lo si evince dagli occhi commossi intrisi di lacrime, ribaltati estaticamente verso il cielo, i capelli con le ciocche che cascano intorno alla gola e sul petto. Innegabile è l’appeal erotico enfatizzato dalla camicia trasparente a rivelare chiaramente il capezzolo. 

Sant’Agnese, Guercino – collezione privata –

Un’altra tela degna di menzione è Sant’Agnese di Giovanni Francesco Barbieri detto Guercino, proveniente da una collezione privata. Una delle martiri cristiane più antiche, nota per aver sacrificato la propria vita piuttosto che subire un attentato alla sua verginità. Ritratta con il consueto agnellino, da cui deriva etimologicamente il nome della santa, e sempre associato alla sua iconografia classica. Il vello è dipinto con una magistrale minuzia che rende la percezione tattile della morbidezza del manto. 

Data la mia ben nota propensione nel raccontare le donne scandalose, tramandate come pericolose dall’immaginario maschile, non poteva non colpirmi il dipinto Dalila e Sansone di Giuseppe Nuvolone, postumo al 1660. Il Nuvolone si dimostra sedotto dalla modella che impersona Dalila, difatti la ritroviamo in molteplici sue opere, nel ruolo ora di Madonna, ora di adultera, pur mantenendo le connotazioni rassicuranti che tanto ama il pittore: virginale pudore e sguardo pudico accompagnato da un casto abbigliamento. La seduttrice priva di scrupoli narrata nel racconto biblico, non trova riscontro nella gestualità che con tenerezza quasi materna sembra proteggere il capo di Sansone, abbandonato sul grembo della donna, ignaro dell’atto che si sta per compiere contro di lui. La morale del racconto è il monito sulle conseguenze da parte dell’uomo di cedere ai muliebri adescamenti erotici. Ritroviamo in Dalila una Giuda ante litteram che vendette l’amore del suo uomo per “millecento sicli d’argento” (Giudici)

Dalila e Sansone, Giuseppe Nuvolone, 1660

Colpo di vento, Gaetano Bellei, 1902

Una mirabile sezione della mostra è dedicata alla ritrattistica, ne troviamo fra gli altri, tre meravigliosi:  Colpo di vento di Gaetano Bellei è stato scelto come emblema della mostra e raffigurato nei manifesti pubblicitari. Un capolavoro realizzato nel 1902, nel quale il pittore ritrae la giovane donna in una scena di vita quotidiana, mostrando grande attenzione ai dettagli dell’abito e alla moda femminile dell’epoca. La giovane donna è sorpresa da una folata di vento che le ha strappato di mano il parasole e stessa sorte l’avrebbe avuta il cappello se la mano avvolta nel lungo guanto non lo avesse trattenuto. Mirabili i colori iridescenti del tessuto che variano dal rosa, all’azzurro e alla malva. La tela trasuda ottimismo, eredità della grande Esposizione Universale del 1900 che aveva portato fiducia nella scienza e nell’industria.

Un’immagine idealizzata e neoclassico dà vita al ritratto della “divina creatura” Francesca Ghirardi Lechi detta Fanny di Andrea Appiani, definita da Stendhal “gli occhi neri più belli di Brescia” e da lui ammirata non solo per bellezza ma anche per intelligenza. Il bianco dell’abito sul quale si appoggia un fine velo delicatamente ricamato, indicano il candore della sposa, avvalorato dal ramoscello di mirto, emblema della fedeltà coniugale, che la jolie femme tiene in grembo. 

Francesca Ghirardi Lechi detta Fanny di Andrea Appiani
Ritratto di Lady Nanne Schrader, Giovanni Boldini

Spetta però a Giovanni Boldini il merito di aver trasformato le donne del ‘900 in divinità terrestri, volitive, forti e sfrontate. Il più grande ritrattista della Belle Epoque è presente con lo sfacciato Ritratto di Lady Nanne Schrader, di cui ne coglie l’irrequietezza e la raffinata sensualità . L’artista ferrarese amava le donne, le venerava e le celebrava. La sua cifra pittorica è unica, impossibile non riconoscere i suoi ritratti, donne come visioni dalle lunghe e affusolate braccia che terminano con mani dalle dita frangiate.

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Nel secondo ‘800 i tabù dell’ipocrita morale borghese si infrangono in nome dell’arte e della sua libertà di espressione. Il nudo non viene più celato dal mito o dalla figure allegoriche, ma viene proposto per il desiderio di ammirare il corpo della donna e la sua bellezza. Sempre Boldini, il ”pittore delle donne” ci incanta con due dipinti di prorompente vis erotica, la protagonista di Nudo sdraiato con calze nere, del 1885, colta nell’abbandono all’eros, un fascino seducente mai volgare e Nudo di donna dai capelli rossi, del 1912, proveniente da una collezione privata, mostra un’anima inquietante e conturbante, una sirena dalla fulva chioma scarmigliata in contrasto con l’incarnato trasparente come alabastro. Di assoluta modernità lo sguardo penetrante e la bocca carnosa, seduce il visitatore con elegante sensualità. Le pennellate sullo sfondo sono sciabolate in cui si può intuire il letto che non deve essere protagonista visibile, ma solo immaginativo.

Nudo di donna con calze nere, Giovanni Boldini, 1885 – collezione privata –
Nudo di donna dai capelli rossi, 1912 – collezione privata –
Con la rosa tra le labbra, Ettore Tito, 1895

Un volto femminile che rapisce è senza dubbio Con la rosa tra le labbra di Ettore Tito, 1895. Il viso della donna è ritratto di profilo, qualcosa cattura la sua attenzione e lo sguardo, mosso dai moti interiori dell’animo, fissa un punto definito, ignoto all’astante. I capelli brillanti, morbidamente raccolti e trattenuti da un impercettibile cerchietto dorato, la rosa tra le labbra, simbolo della caducità della vita e le narici che sembrano respirare il profumo che da essa emana. La tela trasuda incanto e magia.


Concludo la carrellata con Scavi a Pompei di Filippo Palizzi, 1870. La riscoperta di Pompei, cominciata con i primi scavi sotto Carlo III di Spagna ebbe grande risonanza con le pubblicazioni su Le case e i monumenti di Pompei descritti con tavole a colori. Più di altri Filippo Palizzi realizzò opere che illustrano i resti dell’antica civiltà romana. La tela è importante non soltanto per la bravura pittorica esecutiva ma soprattutto per la testimonianza storica sui lavori femminili. Ai tempi venivano ingaggiate, frotte di ragazze, per trasportare in ceste colme, le macerie degli scavi. Una mansione gravosa e faticosa, affidata alle donne per speculare sui salari, notevolmente inferiori a quelli percepiti dagli uomini. Una fatica che un cronista dell’epoca, Vittorio Imbriani, intellettuale senza macchia, non esitò di sottolineare 

… quelle misere fanciulle che muovono a torme con le ceste di terra

in capo che si trasformano nelle dolenti Danaidi…

– Vittorio Imbriani


Guadagni miseri che non consentivano una vita dignitosa e conducevano inevitabilmente a una situazione di indigenza e di degrado. Avvaloravano l’ingiustizia sia sociale che retributiva, tra lavoro femminile e maschile. La non parità economica nelle retribuzioni è presente ancora oggi. I dati mostrano che le donne ricevono un minor salario per ora lavorata in modo non casuale, ma correlato all’appartenenza di genere.( quindi una forma di sessismo)

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Scavi a Pompei, Filippo Palizzi, 1870

E’ stato un viaggio emozionante, ricco di sorprese, impreziosito da dipinti inediti provenienti da prestigiose collezioni private, opere mai esposte prima d’ora. Mi sono persa in incontri ravvicinati con celebri donne del passato, aristocratiche o popolane, poco importa. Tutte mi hanno indotto a riflettere e a immedesimarmi nelle loro vite e indagare, attraverso gli sguardi, nei loro pensieri. Chi ama l’arte, reca nel cuore la gioia di vivere e si adopererà per tutelarla, diffonderla, affinché ispiri gli animi e li rivolga a preservare la bellezza della vita in ogni suo aspetto.

L’ARTE È DONNA. LA BELLEZZA ANCHE

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