Una musa per un poeta: Jane Cooney Baker e Charles Bukowski

Raccolgo la gonna,
raccolgo le perline scintillanti
nere,
questa cosa che una volta si muoveva
attorno alla carne,
e do del bugiardo a Dio,
dico che qualsiasi cosa che si muoveva
così
o che sapeva
il mio nome
non dovrebbe mai morire
nel senso comune di morire,
e raccolgo
il suo bel
vestito,
tutta la sua bellezza andata,
e parlo a tutti gli dei,
dei ebraici, dei cristiani,
frammenti di cose che lampeggiano,
idoli, pillole, pane,
metri, rischi,
resa consapevole,
ratti nel sugo di due quasi impazziti
senza possibilità,
la conoscenza del colibrì, le possibilità del colibrì,
mi appoggio a questo,
mi appoggio a tutto questo
e riconosco
il suo vestito sul mio braccio
ma
loro non
me la ridaranno indietro.

Charles Bukowski, 
Per Jane: con tutto l’amore che avevo, che non era abbastanza

Versi sofferti, in cui il poeta esprime il suo immenso dolore e annichilimento per la perdita di Jane Cooney Baker, ritenuta il più grande amore della vita di “Hank”. Due vite allo sbando, fatte di alcool e disperazione, che si unirono. La loro relazione, durò per circa dieci anni, tormentata e turbolenta, alternata da momenti di distacco, causati dalle crisi maniaco- compulsive di cui Jane soffriva e che trovarono un corrosivo palliativo nella bottiglia, che la condusse alla morte nel 1962, lasciando un profondo trauma nell’animo di Bukowski

Da quel giorno Charles riversò il dolore per il lutto nella scrittura, dando vita a una serie di poesie e racconti che piangevano la morte di quella che fu probabilmente l’unica donna mai amata da Charles.

Ancora oggi Jane è considerata la Musa più importante che ispirò la sua penna.

Sai cosa succederà 
a noi due? 
Ci cercheremo, 
ancora.
Ci cercheremo 
nelle canzoni, 
nelle citazioni, 
nei libri.
Ci cercheremo 
tra gli sguardi della gente.
Magari la sera, 
che ci frega sempre.
Avremo voglia di scriverci, ancora.
Magari nei sogni, 
di entrambi.
Nonostante tutte le litigate, nonostante i 
“con te ho chiuso, 
sei fuori dalla mia vita”
Ci penseremo, 
di nascosto, 
e fingeremo.
Fingeremo il mattino seguente 
di aver pensato ad altro.
Ci mancheremo, 
eccome.
E questa 
sarà la nostra punizione.
La punizione 
di non aver provato 
a tenerci 
quando tutto tra noi 
stava per crollare.

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