Taitù, sanguinaria virago o illuminata imperatrice?

L’imperatrice Taitù è diventata famosa grazie ad un modo di dire popolare, fino a qualche decennio fa poteva capitava di sentir dire : “Ha più vestiti lei della regina Taitù! ” oppure “Guarda! arriva la regina Taitù ”, per additare alcune donne che facevano uso improprio della loro bellezza, manifestandola apertamente in maniera vanitosa e agghindandosi eccessivamente – qui si impone una riflessione: qualsiasi donna è libera di manifestare la propria bellezza nel modo in cui ritenga sia consono a lei e a lei soltanto!

Ebbene questo detto nasce da un convincimento profondamente ignorante, nella realtà questa sovrana era l’imperatrice Taitù Batùl, Zehetiopia berehan, molto amata e definita luce dell’Etiopia dal suo popolo, moglie del Negus Menelik II , che sconfisse le truppe italiane ad Adua nel 1896.

Ma chi era Taitù?

Donna indipendente e volitiva fu etichettata dal popolo italiano come crudele. Vantava nel suo albo genealogico antiche discendenze aristocratiche nientepopodimenochè con la Regina di Saba e il Re Salomone, pertanto fiera e orgogliosa delle sua stirpe non intendeva sottomettersi al marito, il negus Menelik II con il quale aveva instaurato un rapporto paritario, sentendosi libera di contraddirlo anche in pubblico. Questa licenza di parola della sovrana suscitava stupore in Italia. Non si era abituati in un paese retrogrado e maschilista a una donna che non fosse sottomessa al marito e ciò provocò commenti ironici ingiustificati. 

Quale fu il suo ruolo in politica?

La più tenace avversaria degli italiani fu proprio l’imperatrice Taitù Batùl che ebbe un ruolo decisivo sul piano politico e militare. Taitù fu a capo della fazione conservatrice che ostacolava qualsiasi accesso delle potenze europee. Mantenne una linea dura riguardo la controversia sorta sul Trattato Uccialli. Il punto più controverso riguardava l’articolo 17: come da tradizione, il trattato era stato redatto in due versioni, in italiano e in amarico, seguendo le lingue dei due contraenti. Tuttavia, la stesura dell’articolo 17 era differente nelle due versioni. In base alla versione in italiano, il negus Menelik delegava al governo italiano tutte le sue attività di politica estera, ponendo di fatto l’Etiopia in uno stato di protezione da parte dell’Italia; in base alla versione in amarico, invece, la delega era solo facoltativa, e il negus vi poteva ricorrere solo quando ciò gli fosse convenuto. 

Non venne mai chiarito se la differenza fosse dovuta ad un semplice errore di traduzione o ad una deliberata strategia di una delle parti per indurre l’altra a firmare. A causa di ciò, Taitù respinse con fermezza le rimostranze del governo di Roma e spronò Menelik ad attaccare. Tuttavia, furono gli italiani a dare inizio al conflitto.

Taitù regina guerriera

Taitù assunse il comando dell’artiglieria nella battaglia di Adua (1 marzo 1896) e condusse all’attacco la cavalleria della sua guardia personale.

Una leggenda narra che Taitù si aggirasse nei campi tra gli sconfitti e che armata di scimitarra evirasse i corpi dei soldati ormai sconfitti. Ovviamente nulla di tutto ciò era vero, serviva ad alimentare l’immaginario di donna pericolosa.

L’Italia ne uscì sconfitta a causa di errori compiuti dai vertici militari ma fu anche frutto di una sottovalutazione della tecnologia che Menelik seppe mettere in campo. Tant’è vero che prima di Adua si cantava:

“O Menelicche / le palle sono di piombo / e non pasticche”.

E il jingle , benché clamorosamente smentito dai fatti, veniva ancora adoperato negli anni a seguire, quando si volesse dare a qualcuno, del sempliciotto. Nella realtà l’Etiopia aveva una solida organizzazione militare, disponeva di fucili tedeschi e americani, oltre a cannoni francesi, inoltre aveva instaurato una politica di relazioni diplomatiche con tutte le maggiori potenze europee e Menelik era attento alla modernizzazione. Su Taitù dall’Italia si concentravano gli anatemi della propaganda bellica, tanto più che gli stereotipi di una società di stampa patriarcale-maschilista portavano inevitabilmente a considerare una regina-amazzone ( leggi l’articolo sulle Amazzoni) come una invasata virago e Menelik come un uomo debole, sottomesso alla moglie. Oh parbleu! 

Rivalutazione della reputazione di Taitù

Dopo la disfatta dell’avventura coloniale, in Italia ci fu un capovolgimento nella considerazione del popolo etiope; quella che era stata dipinta come una popolazione primitiva divenne nell’immaginario collettivo un regno fastoso e potente. Anche i racconti e i modi di dire assunsero un diverso significato. Da quel momento in avanti, quando si diceva: “chi crede di essere, la regina Taitù?”, il tono non era più ironico e denigratorio, bensì ammantato di rispetto e grande considerazione. Esisteva una antica tradizione pugliese, narrata attraverso una fiaba popolare che descriveva Taitù come una principessa bellissima e irraggiungibile.

Fine di una regina

Taitù, imperatrice d’Etiopia muore nel 1918. La scomparsa dell’antica “nemica” degli italiani fece poca notizia nel nostro Paese. In quello stesso periodo il fascismo aveva già fatto la sua apparizione. L’Italia era impegnata sul Piave e l’avventura coloniale del 1896 sembrava solo un lontano ricordo. Ci avrebbe pensato Mussolini con le sue manie espansionistiche a ravvivarlo con un’ancora più nefasta invasione dell’Etiopia.

Taitù è sepolta nell’ imponente Mausoleo del Monastero di Taeka Negest Ba’eta Le Mariam ad Addis Abeba. Oggi in tutto il mondo e, in particolare, in Africa, è considerata un simbolo dell’emancipazione femminile e della lotta anticolonialista.

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