Le Amazzoni, figlie di Ares.

…Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge…

Figlie di Ares, le Amazzoni potremmo definirle le progenitrici delle femministe della storia, simbolo di una indipendenza femminile ai tempi del maschilismo più radicato. Un femminismo che affonda le sue radici nel profondo humus del mito, tramandando alle donne di ogni epoca coraggio, passione e focus sugli obiettivi.

La dea che veneravano fra tutte era Artemide, dea della caccia, dalla natura indomita e impetuosa, chiese al padre Zeus di avere l’arco e le frecce e di poter correre libera tra i boschi. Artemide era anche la dea della luna, si sentiva a suo agio la notte quando poteva vagabondare nel suo regno selvaggio alla luce del pianeta. Rappresenta l’archetipo della donna fieramente indipendente che si sente intera senza un uomo e di cui non chiede l’approvazione. Le istanze sostenute da Artemide sono le stesse delle Amazzoni.

Come vivevano?

Le Amazzoni avevano la loro principale sede nella città di Themiskyra, sulle sponde del fiume Termodonte, in Cappadocia, da dove si sarebbero avventurate fino nella Scizia. Si governavano autonomamente, la loro era una società matriarcale, una comunità di sole donne, vivevano nella dimensione di autosufficienza tipica della dea Artemide e non tolleravano la presenza degli uomini se non in veste di schiavi adibiti ai lavori umili. Erano donne guerriere, pronte a prestare protezione e soccorso a chi chiedeva loro aiuto, ma anche rapide e spietate nel punire chi le offendeva.

Se dovessi pensare ad uno slogan per le Amazzoni mi verrebbe in mente: “ sappiamo badare a noi stesse”


– Se si fossero fatte psicoanalizzare da Freud, lo stesso avrebbe diagnostico loro la Sindrome da invidia del pene, una sorta di complesso di mascolinità. Inspiegabile per Freud che la voglia di realizzazione possa essere connaturata alla donna quanto all’uomo –

Nella visione androcentrica o fallocentrica della società greca, le Amazzoni erano invise e considerate alla stregua dei nemici. In quanto donne guerriere forti come gli uomini costituivano una minaccia per il mondo greco.

“ὰντιάνεραι” (eguali ai maschi, forti come i maschi) così le definisce Priamo nell’Iliade (III.188-190), donne irruenti, dal temperamento virile che non intendono assoggettarsi alla supremazia e al dominio maschile. Eppure nel mito antico le Amazzoni periscono tutte in combattimento con i più grandi eroi della Grecia, da Eracle ad Achille, da Teseo a Bellerofonte, in uno scontro che simbolicamente rappresenta il dominio dell’uomo sulla donna.

Vuoi mai che siano gli uomini a perire per mano di una donna?

Così Erodoto le descrive nei suoi racconti – IV libro (110 – 117):


“Non potremmo vivere con le donne del vostro popolo, non abbiamo gli stessi usi; noi tiriamo con l’arco, scagliamo giavellotti e andiamo a cavallo, mentre non abbiamo appreso i lavori femminili. Le vostre donne rimangono sui carri, non vanno a caccia. Non potremmo andare d’accordo”.

La salvaguardia della specie

Strabone nella sua Geografia (XI.5.4-5,) narra che le Amazzoni erano solite accoppiarsi ogni equinozio di primavera e con la luna nuova, astro a cui erano molto legate, simbolicamente appartenente alla dea Artemide, venerata dalle guerriere. Le amazzoni si recavano nei villaggi limitrofi per accoppiarsi con i popoli vicini, i Gargareni. Era un accoppiamento rituale che aveva lo scopo di generare figli, l’accoppiamento doveva avvenire nell’oscurità perché nessuno dei due amanti doveva conoscere l’identità dell’altro. Secondo Plutarco la stagione degli accoppiamenti durava due mesi all’anno. Terminato il rito dell’accoppiamento le Amazzoni facevano ritorno nei loro territori. La sorte dei nascituri era differente a seconda se fossero nati maschi o femmine. Nel primo caso venivano mandati nel luogo di origine e ogni gargareno adottava un bambino pur non essendo sicuro che fosse il proprio figlio, invece le femmine rimanevano con le madri e venivano educate e istruite sin da bambine per eccellere, secondo i costumi, nella strategia bellica e nelle tecniche della caccia. Tuttavia ci sono racconti più cruenti che vogliono le Amazzoni assassine dei figli maschi generati.

La loro regina più famosa è IPPOLITA (leggi l’articolo)

Origini del loro nome

Le Amazzoni vivevano tra le inospitali regioni del nord della Grecia, nonostante il loro temperamento virile, sono descritte come donne sensuali, dai lunghi capelli corvini, vestite con le pelli degli animali che cacciavano e in battaglia si armavano di pelta, uno scudo a forma di falce di luna, di faretra con frecce e arco, pugnale e lancia di frassino.

Riguardo l’etimologia del loro nome ci sono diverse ipotesi; alcuni leggono nella lettera A iniziale, l’alpha privativo greco e mazós “mammella” in riferimento alla tradizione secondo la quale le Amazzoni si asportavano un seno per tendere meglio l’arco.

Il filologo e linguista italiano, Giovanni Semerano ha scomposto il termine in ama zon ricollegandolo alle lingue semitiche per cui ammu=popolo e hazanum=magistrato, “capo di un popolo” riconvertito in “comando di donne”.

La tesi è avvalorata dalla constatazione che non sono mai state ritrovate antiche sculture o pitture di amazzoni prive di una mammella. L’iconografia classica le rappresenta con un seno scoperto (come la Diana Nemorensema in altre raffigurazioni hanno entrambi i seni scoperti e peraltro molto floridi, come si evince dai fregi del Partenone e maneggiano agilmente sia spade che lance, in altri luoghi ad esempio nei sarcofagi di Tessalonica sono raffigurate mentre riposano in pose aggraziate e a Petra danzano col tamburello.

C’è anche un’altra versione etimologica molto interessante di origine caucasica, masa = luna quindi “sacerdotesse della luna” avvalorata dal loro scudo a forma di falce di luna e dal culto della dea Artemide, legata alla luna.


“Poi arrivano le amazzoni, il seno scoperto, la pelle che scintilla come legno oliato. Hanno i capelli raccolti, le braccia piene di lance e frecce ispide. Appesi alle selle hanno scudi a forma di mezzaluna, come se fossero stati modellati sull’astro. Davanti a loro, un’unica figura su un cavallo marrone, i capelli sciolti, gli scuri occhi anatolici affusolati e feroci – schegge di pietra che scrutano senza sosta l’esercito davanti a lei. Ippolita” – La canzone di Achille – Madeline Miller

La loro regina più famosa è Ippolita ( leggi l’articolo)

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