L’epos greco ci ha consegnato numerose figure di eroi: conosciamo le gesta di Achille, Odisseo ed Eracle, ma spesso figure femminili altrettanto importanti passano in secondo piano. Questo è dovuto all’assetto prevalentemente maschile della società e della cultura ellenica, fondato sulla cultura andro-centrica e che pone il mondo femminile come subalterno, con le donne che appaiono nelle vesti di spose, figlie, amanti, e, queste possono essere a loro volta devote o infedeli.
Affinché la donna possa assurgere agli onori della ribalta diventando protagonista e acquisendo spessore e identità deve avere una particolare caratteristica: essere una maga. Il connubio fra la femminilità e la magia è una costante non soltanto nel mondo greco e avvolge la donna di un’aurea di diffidenza che come abbiamo visto le è costato molto caro nel corso dei secoli. Per questa presunta abilità a migliaia sono morte sul rogo con l’accusa di stregoneria (vedasi l’articolo relativo). La donna rappresenta un canale collegato al mistero: dalla maternità alla magia, la donna appare come un essere in contatto con la natura e con i suoi cicli, poiché la magia altro non è che la capacità di interagire con il flusso vitale, (la dynamis greca, il potere che risiede in una cosa in virtù della sua natura) e di modificarlo.
La letteratura e la tragedia raccontano di diverse maghe, fra queste sicuramente Circe (vedasi l’articolo relativo) tuttavia la più temibile è MEDEA.
Chi è Medea?
E’ figlia di Eete re della Colchide, considerata terra di barbari ed è stata allieva della dea Ecate, legata all’occulto, alla luna e ai suoi riti. Conosciamo il suo mito grazie ad Euripide che nell’omonima tragedia ne ha ritratto con grande capacità introspettiva un personaggio unico e moderno. Medea è forte, perché in un mondo dominato da una visione maschilista, riesce a tenere testa e a contrapporsi a suo marito Giasone. Ma è anche debole, perché non riesce a governare la sua rabbia brutale e la sete di vendetta, che la porteranno a distruggere la propria stessa famiglia.
Medea è una maga potentissima, è la fedele moglie dell’eroe greco Giasone, a cui ha donato degli splendidi bambini che ama immensamente. E’ grazie a lei che Giasone riesce a recuperare il leggendario Vello d’oro, simbolo di purezza e forza di spirito, un ariete sacro capace di volare e il cui manto dorato era in grado di curare ogni ferita.
E’ sempre la solita vecchia storia, uomini additati come eroi che senza l’aiuto di una donna non avrebbero mai potuto cingersi il capo di alloro.
Quali sono le abilità di Medea?
Medea istruisce l’eroe e gli fornisce le armi con cui superare le prove imposte dal re Eete (padre di Medea) per ottenere l’ambito premio, crea per lui filtri protettivi e usa formule magiche per far addormentare il drago custode del vello prezioso. Ad impresa riuscita abbandona la terra natale e fugge con Giasone alla volta di Corinto, durante il viaggio scaglia il suo incantesimo contro il gigante Talos, che minaccia la navigazione di Giasone e dei suoi compagni, con un meccanismo che scatena i demoni più spaventosi.
Una volta giunti a Corinto, il re Creonte propone a Giasone di sposare sua figlia Glauce.L’eroe greco vede in questo matrimonio un vantaggio politico ed economico, poiché significa ereditare il regno di Corinto e perciò acconsente al matrimonio senza alcuna remora. Il suo unico problema per la realizzazione del matrimonio con Glauce è Medea.
Medea non accetta assolutamente questo matrimonio. Pretende da Giasone un amore incondizionato e totale, lo stesso che lei prova per lui, tuttavia Giasone incurante dell’amore di Medea con la quale ha avuto due figli e per nulla riconoscente alla donna alla quale deve la gloria, decide di sposarne la figlia del re, lasciando Medea da sola con i loro due bambini.
L’ipocrisia e l’inettitudine di Giasone vengono fuori durante un furioso scontro verbale tra i due
“Tu potresti comunque essere la mia seconda moglie, non ti farei mancare nulla”.
Soluzione per lei inaccettabile, che prevede l’esilio e il sottostare al volere del coniuge ipocrita. A questo punto Medea mossa da sentimenti di vendetta elabora un piano diabolico. Una vendetta atroce, che non risparmia nessuno.
Medea compie il crimine più atroce
Medea non vuole farsi giustizia, lei vuole far soffrire Giasone. Innanzitutto, uccide tra terribili sofferenze la povera Glauce, donandole vesti intrise di un veleno potentissimo. La stessa sorte toccherà anche al re di Corinto, nel tentativo di aiutare la figlia a togliersi le vesti. Poi, non ancora soddisfatta, decide di togliere all’ormai ex amante il bene più grande: i figli!
Il monologo con cui Medea arriva a questa atroce conclusione è il climax dell’opera euripidea. Il pathos è al suo culmine. Non senza ripensamenti, dubbi e dolore Medea giungerà alla conclusione che Giasone deve soffrire per tutta la vita e rimanere solo al mondo. Per questo motivo arriva ad uccidere i suoi stessi figli.
«Per i demoni sotterranei dell’Ade, non sarà mai che io abbandoni i miei bambini ai nemici perché li oltraggino. È assoluta necessità che essi muoiano; e poiché è necessario, li uccideremo noi che li abbiamo generati».
Medea che tutto aveva dato a Giasone, amore, devozione, gloria, fama, onore e progenie.
Tutto gli toglie
Solo ora la sua vendetta è compiuta. Una vendetta totale, brutale e distruttiva.
Dopodiché lascia Corinto insieme alle spoglie dei figli su un carro alato trainato dal dio Sole, mentre Giasone la maledice.