Mary Wollstonecraft : la filosofa femminista.

«Chi ha reso l’uomo il giudice esclusivo, se la donna condivide con lui il dono della ragione?».

Nella storia della filosofia la figura di Mary Wollstonecraft si colloca in pieno Illuminismo inglese. Il suo pensiero, interamente permeato sulla rivendicazione dei diritti, tanto maschili quanto femminili, riflette a pieno lo spirito di libertà ed uguaglianza che si respirava in Europa alla fine del XVIII secolo. 

Mary Wollstonecraft ebbe una vita breve, visse solo 38, morì nel 1797 di setticemia post partum. Aveva dato alla luce Mary, futura Shelley, che purtroppo non ebbe il tempo di conoscere.

I primi anni

Figlia di un imprenditore fallito, alcolizzato e violento, Mary, pur di allontanarsi dalla casa paterna, cercò di emanciparsi economicamente. Fu accolta come dama di compagnia in una famiglia nobile, presso la quale impara le buone maniere riservate all’alta società, e inizia a tessere una rete di conoscenze che le consente di porre le basi della sua filosofia. Frequenta circoli letterari in cui farà la conoscenza di Richard Price che diventerà il suo mentore intellettuale.

Il suo pensiero filosofico arriva alla maturità con la stesura nel 1792 di A Vindication of the Rights of Woman che la pone di diritto tra i pensatori liberali inglesi dell’epoca ottenendo un certo successo. Le sue idee politiche si sviluppano in contrapposizione con tre opere di Jean Jacques Rousseau: il Discorso sulla disuguaglianza fra gli uomini , Il contratto sociale e l’Emilio.

La filosofia wollstonecraftiana

Nel XVIII secolo molti filosofi, tra i quali Rousseau, ritenevano che il ruolo della donna dovesse essere subalterno all’uomo con l’obiettivo di servirlo per tutta la vita.

È in questo frangente che si inserisce la riflessione sui diritti delle donne, le quali sono vittime della disuguaglianza proprio a causa del loro genere ritenuto inferiore per natura e quindi ben lontane dall’avere alcuna proprietà. L’opera è centrata sulla critica al sistema educativo dell’epoca, che trascurava le donne e impiegava modalità inadeguate.  Mary Wollstonecraft si scaglia principalmente contro l’Emilio in cui Rousseau dedica un intero libro all’educazione femminile descrivendo le donne come esseri civettuoli interessati solo all’abbigliamento e alle frivolezze. L’opera è centrata sulla critica al sistema educativo dell’epoca, che trascurava le donne e impiegava modalità inadeguate. 

L’indipendenza di giudizio di Mary Wollstonecraft è assoluta: la sua teoria sull’educazione non usa mezzi termini:

«Le considerazioni di Rousseau, secondo cui le donne sono naturalmente interessate a bambole, vestiti e conversazioni, del tutto indipendentemente dall’educazione, sono talmente puerili da non meritare neppure di essere seriamente confutate».

L’analisi wollstonecraftiana non lascia dubbi in merito: le donne sono frivole e superficiali non per natura, ma a causa dell’educazione che ricevono fin da bambine. La ragione dell’assoggettamento delle donne è da ricercarsi nell’ignoranza e nella condizione di esclusione da ruoli pubblici. Se, infatti, non fossero penalizzate e avessero la possibilità di accedere alla medesima istruzione dei maschi, diventerebbero donne adulte consapevoli e in grado di autodeterminarsi senza l’aiuto di nessuno. Gli elementi fondanti sono una suddivisione equa delle ricchezze e un’educazione paritaria per poter costruire uno stato giusto, equilibrato e aperto al progresso verso la costituzione di una società che garantisca gli stessi diritti e lo stesso benessere a tutti i cittadini.

 «Se le donne non sono uno sciame di frivole efemere, perché tenerle in un’ignoranza camuffata da innocenza? Gli uomini si lamentano, a buon diritto, delle follie e dei capricci del gentil sesso, e fanno dei nostri vizi abietti e delle nostre passioni ostinate oggetto di satira pungente. Osservate, rispondo io, la naturale conseguenza dell’ignoranza! L’intelletto che può fondare le sue basi solo sui pregiudizi sarà sempre instabile, e la corrente procederà con furia distruttiva se non vi sono barriere a frenarne la forza».

Il sistema educativo in voga si basava su libri scritti da uomini che consideravano la donna non come essere umano, ma come, potrei dire, un animale domestico, ammaestrata ad accettare un ruolo subordinato, e alla quale veniva inculcato il dovere di essere gentile, educata, obbediente, a modo, di bella presenza, al fine di poter trovare un marito che la “sistemi”. Il ragionamento della filosofa in merito è lapalissiano: se l’educazione dell’uomo e della donna avesse seguito gli stessi metodi e principii, le donne sarebbero giunte dove di norma giungevano gli uomini. Succedeva pure che una donna d’interessi e virtù elevate venisse definita con disprezzo “mascolina” – ahimè ancora oggi è così!

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Curiosità

Una pioniera del femminismo, ritenuta una donna inaccettabile per i conformisti della buona borghesia dell’epoca e dell’alta società. La reputazione di Mary Wollstonecraft per un secolo, fu messa quasi alla berlina e dileggiata da Maria Edgeworth, che prese a modello la sua figura rappresentandola nel personaggio “bizzarro” di Harriet Freke del suo romanzo Belinda

©Immagine di Anteprima realizzata dall’ufficio grafico di Excalibur Promo

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