La Belle Ferronnière, che viavai nel letto del duca!

I maschi Alfa sono sempre esistiti e un appartenente a questa categoria era certamente Ludovico il Moro il quale nonostante fosse sposato con Beatrice d’Este, nobildonna di grande raffinatezza e cultura, appartenente ad uno dei più illustri casati dell’epoca, non disdegnava di farsi scaldare il letto da giovani e belle donne, spesso reclutate tra le dame di corte. La nostra fortuna è che a corte in quel periodo soggiornasse il Genio Assoluto, Lui,  Leonardo da Vinci e su richiesta del Moro ritraeva le belle donne che popolavano il letto del duca, lasciando a noi posteri opere meravigliose come La Belle Ferronnière  esposta ahimè al Museo del Louvre e che osa gareggiare nientepopodimenochè con Mona lisa.

La Belle Ferronnière, Leonardo da Vinci, 1490 – 1495

Un capolavoro che mostra tutta l’abilità di Leonardo nell’arte del ritratto, le influenze della pittura fiamminga evocate dallo sfondo nero, gli studi profetici sui moti dell’anima come espressi nel Trattato della Pittura 

“Vero è che i segni de’ volti mostrano

in parte la natura degli uomini,

i loro vizi e complessioni”. 

Oggi la chiamiamo Fisiognomica. 

Ma chi era la dama ritratta?

Ma chi è questa bella dama che con sguardo solo apparentemente freddo e distaccato, ma in realtà intrigante e dardeggiante, cattura chi osi ammirarla? ll nome Ferronnière, fa riferimento alla catenella con gioiello, molto in voga alla fine del Quattrocento, e l’acconciatura a coazzone – una grossa treccia ricadente sulla schiena avvolta in reticelle e ornata da grossi fili di perle – entrambi furono introdotti alla corte di Milano nel 1491 da Beatrice d’Este, magistra elegantiarum, che insieme alla sorella Isabella d’Este (leggi l’articolo) dettavano legge in fatto di mode e buone maniere. Sono tutti indizi che hanno accreditato l’ipotesi che si tratti della chiacchieratissima  LUCREZIA CRIVELLI, amante di Ludovico e dama di compagnia di Beatrice.

La liaison col duca è testimoniata da un carteggio inedito, conservato all’Archivio di Stato di Mantova, che lo studioso Oler Grandi ha dato alle stampe nel libro “In questi tempestosi pessimi, persecutori tempi…” (Postumia). Commenta Oler Grandi

«Lettere toccanti che tracciano un affresco del disfacimento del casato degli Sforza ma anche del destino di una donna, appartenente all’élite milanese, prediletta dal principe più munifico e poi vittima delle “ingiurie della fortuna”»

Si evince dalle lettere che a Vigevano fa arrivare i suoi effetti personali e i gioielli e che nel marzo 1497 Lucrezia dà alla luce Gian Paolo, figlio del Moro, quando sono passati solo due mesi dalla morte di Beatrice d’Este.

Quando nel 1499 francesi e veneziani invadono il ducato, il Moro deve fuggire – aggiunge Grandi –. Lucrezia lo segue ma viene arrestata e i suoi beni confiscati, è in attesa del secondo figlio del duca e trova ospitalità presso Isabella d’Este Gonzaga ( leggi l’articolo)

Rientra nella sua Milano solo tredici anni più tardi, dopo aver strenuamente protetto il figlio Gian Paolo

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