Virginia Woolf, la forza del pensiero femminista

Esattamente 75 anni fa, il 2 giugno 1946 le donne votavano per la prima volta. 

Le schede che ci arrivano a casa e ci invitano a compiere il nostro dovere, hanno un’autorità silenziosa e perentoria. Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano più preziose della tessera del pane. Stringiamo le schede come biglietti d’amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi nelle lunghe file davanti ai seggi. E molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le conversazioni che nascono tra uomo e donna hanno un tono diverso, alla pari”.

Così raccontava alla radio Anna Garafolo nella rubrica radiofonica di stampo femminista Parole di donna.

Virginia Woolf e “Una stanza tutta per sé

E se questo è potuto accadere lo dobbiamo anche a Virginia Woolf, un genio letterario mondiale, che amava definirsi la “cercatrice irrequieta” e che ha lottato insieme al Movimento delle Suffragette per l’estensione del diritto di voto alle donne e si impegnò in prima persona per migliorare la condizione della donna promuovendo la scolarizzazione anche ai ceti più bassi e impartendo in prima persona lezioni serali a un gruppo di operaie, ritenendo l’istruzione l’unica strada verso l’emancipazione. 

Quale era il pensiero di Virginia Woolf?

Il libro manifesto del suo pensiero è Una stanza tutta per sé (1929) che racchiude le sue riflessioni. Per la Woolf il problema fondamentale riguarda l’indipendenza economica delle donne, da cui dipende la possibilità di avere una stanza tutta per sé per dedicarsi allo studio, alla scrittura, all’osservazione e all’introspezione. Solo grazie a queste attività, ogni donna può raggiungere una totale emancipazione, e non essere costretta, per essere credibile, a rinunciare al proprio nome a favore di uno pseudonimo maschile. (come ha fatto ad esempio la scultrice Adèle d’Affry in arte Marcello – leggi l’articolo.

“Per tutti questi secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi, dal potere magico e delizioso di riflettere raddoppiata la figura dell’uomo. […]Perciò Napoleone e Mussolini insistono tanto enfaticamente sull’inferiorità delle donne, perché se esse non fossero inferiori cesserebbero di ingrandire loro. Questo serve in parte a spiegare la necessità che gli uomini spesso sentono delle donne. E serve a spiegare come li fa sentire inquieti la critica femminile; come a lei sia impossibile dir loro che il libro è brutto o il quadro difettoso, o cose del genere, senza provocare assai più dolore e suscitare assai più rabbia di quanta potrebbe suscitarne un uomo con la stessa critica. Perché se la donna comincia a dire la verità, la figura nello specchio rimpicciolisce; l’uomo diventa meno adatto alla vita.” 

Veritiere parole che servono da invito e incitamento alle donne a mostrare il loro punto di vista e a gridarlo a gran voce, a seguire i propri sogni anche a costo di abbandonare tutto e fuggire via. Virginia Woolf denuncia quali siano stati gli svantaggi e le proibizioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli, dal campo dell’educazione, a quello economico, a quello sociale, che hanno dato alla donna l’impossibilità di esprimersi in ogni ambito. Circostanza che è stata argomentata dall’uomo per alimentare il pregiudizio sull’inferiorità dell’intelletto femminile. Una stanza tutta per sé è una tappa fondamentale per tutta la letteratura femminista. Dovrebbe essere letto da tutte le giovani donne per far comprendere loro quanto lo studio, il lavoro, una casa di proprietà siano le fondamenta per l’indipendenza economica ed emotiva. E quanto siano importanti per non essere mai tenute sotto scacco da nessun uomo, per farci valere e farci rispettare in ogni ambito, che sia familiare, lavorativo, sociale e culturale. Un passo molto interessante è l’invenzione letteraria di Judith, sorella di Shakespeare.


“Se guarderemo in faccia il fatto – perché è un fatto – che non c’è neanche un braccio al quale dobbiamo appoggiarci ma che dobbiamo camminare da sole e dobbiamo entrare in rapporto con il mondo della realtà e non soltanto con il mondo degli uomini e delle donne, allora si presenterà l’opportunità”.

Una stanza tutta per sé è uno scrigno ricco di indicazioni e consigli per essere donne indipendenti e risolte, oggi e domani. Ma soprattutto per smascherare i mostri che con maschere più o meno evidenti possono insidiare la nostra vita e la nostra evoluzione.

Ricordare Virginia Woolf non vuole essere solo un omaggio, ma anche un promemoria per capire da dove le donne sono partite, non tantissimo tempo fa per arrivare al presente

Brevi cenni biografici di Virginia Woolf


Virginia Woolf (1882-1941) nacque a Londra nel 1882 ed è stata tra le protagoniste della letteratura del XX secolo. Nelle sue opere utilizzava spesso la tecnica stilistica detta flusso di coscienza, che pur rendendo la lettura più criptica, tuttavia concedeva al lettore di entrare gradualmente nell’intimità dei personaggi raccontati come mai era accaduto prima di allora.

Virginia Woolf era figlia del famoso filosofo e britannico Leslie Stephen e di Julia Prinsep-Stephen, di origine indiana e modella per pittori. Entrambi i genitori erano già stati sposati e rimasti vedovi pertanto la loro era una famiglia allargata e Virginia ebbe sette fratelli e sorelle, di sangue e acquisiti. Sin da bambina fu iniziata ad una cultura umanistica e istruita fra le mura domestiche rispettando le convenzioni dell’epoca, mentre ai fratelli maschi fu concesso di frequentare l’Università di Cambridge. Poco più che ventenne divenne collaboratrice dell’inserto letterario del Times, ma ben presto decise di dedicarsi alla propria attività di romanziera riscuotendo grande successo e fu considerata una profonda innovatrice dello stile e della lingua inglese.

Quali sono le sue opere?

Oltre ad Una stanza tutta per sé, scrisse altri capolavori della letteratura universale come La Signora Dalloway(1925), in cui utilizza il flusso di coscienza di cui sopra, Gita al faro (1927), Orlando (1928), che racconta il grande amore che la scrittrice ebbe con la poetessa Vita Sackville-West– in apparenza molto trasgressiva – che le ispirò il personaggio che dà il titolo al bellissimo libro e da cui ne è stato tratto un film altrettanto bello. 

Orlando, film – regia Sally Potter, 1992

Nel 1905 fondò, assieme ai fratelli e ad altri amici intellettuali, il Gruppo Bloomsbury, un circolo letterario che dominò la cultura inglese per circa trent’anni e che le permise di conoscere personalità di spicco della cultura contemporanea, come Marguerite Yourcenar, Bertrand Russel e Leonard Woolf, un teorico politico che sposò nel 1912.


Difficoltà di un animo troppo sensibile

Una precaria salute mentale aveva contraddistinto l’esistenza di Virginia Woolf fin da quando era una ragazza, dovuta in parte ad alcuni tristi accadimenti, quali abusi sessuali subiti da due suoi fratellastri, e da importanti lutti prematuri. Aveva anche tentato il suicidio nel 1913 e solo le attenzioni e le cure amorevoli del marito Leonard, oltre ovviamente alla sua attività di scrittrice, le avevano regalato nuovamente la voglia di vivere. Woolf non amava la solitudine e quando era costretta a trascorrere del tempo da sola, cadeva in profondi stati d’ansia. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel 1939 e il susseguirsi giorno dopo giorgio di cupe notizie non alimentavano la sua stabilità psicologica. Il 28 marzo del 1941, sola nella sua casa del Sussex, sopraffatta da infinito sconforto, Virginia si riempì le tasche di sassi, si incamminò lungo il fiume e si lasciò sprofondare dentro.

Al marito Leonard lasciò una breve nota:

«Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinandola vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai lo so. Vedi non riesco neanche a scrivere questo come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi».

Flusso di coscienza: cos’è?

Virginia Woolf rimane una delle più importanti scrittrici di sempre anche per le sperimentazioni nell’uso del flusso di coscienza, (stream of consciousness in lingua inglese) la tecnica che consiste nel riportare sulla pagina i pensieri così come si formano nella mente, anche scollegati fra di loro, zigzagando da un tema ad un altro, senza strutturarli logicamente in frasi. Questa tecnica la ritroviamo nell’Ulysse di Joyce e in alcune opere di Proust

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