Adèle d’Affry, le donne ne sanno una più del diavolo!

Per potersi imporre e spiccare alle artiste non era sufficiente avere il talento, dovevano essere dotate di grande temperamento per riuscire a pretendere il riconoscimento e superare gli ostacoli a cui erano sottoposte dalla società dell’epoca.

Nonostante i pregiudizi, i ruoli sociali, l’impossibilità di accedere alle scuole, la scarsa considerazione di critici − perlopiù di sesso maschile − che le hanno escluse e cancellate da mostre e manuali, nonostante tutto questo, le artiste nel corso dei secoli sono state tantissime e certamente non meno dotate degli artisti uomini. Sic et simpliciter gli uomini hanno sempre avuto il permesso di fare tutto, alle donne è sempre stato negato fare tutto. 

Non domandiamoci perché ci siano state poche artiste donne, dobbiamo domandarci piuttosto come abbiano fatto a essere così tante, nonostante tutto.

Far queste si impose Adèle d’Affry, in arte Marcello, donna molto bella e dalla personalità appassionante e moderna, consapevole dell’audacia delle proprie scelte, non le mancava il temperamento per sostenerle. Donna sicura della sua femminilità che esibiva nelle mise scelte per i suoi ritratti ma ad un tempo pervasa di mascolinità come si evince dai tratti androgini delle sue eroine scolpite.

Edouard Théophile Blanchard, Ritratto della duchessa di Castiglione, 1877- Musée d’art et d’histoire, Fribourg

Chi era Adèle?

Adéle nasce nel 1836 a Friburgo in Svizzera in una famiglia aristocratica e benestante dedita alla carriera militare. Il padre viene a mancare che lei è ancora una bambina, la madre Lucie de Maillardoz, le assicura l’educazione classica all’altezza del suo ceto. Adèle dimostra ben presto di avere una spiccata propensione per l’arte del disegno e la pittura, abituata a viaggiare sin da piccola, ha l’opportunità di frequentare l’atelier romano dello scultore svizzero Heinrich Max Imhof. Durante il suo soggiorno romano all’età di diciannove anni incontra Carlo Colonna, duca di Castiglione Altibrandi con il quale convola a nozze. Il matrimonio ha breve durata a causa di una fulminea malattia che condurrà alla morte il marito. 

Costretta a trattenersi a Roma per risolvere le controversie legate ai diritti ereditari che la oppongono alla famiglia Colonna, trova ospitalità nel convento delle Dame del Sacro Cuore a Trinità dei Monti. In questo periodo riprende il suo percorso di formazione artistica, visita chiese e monumenti e scolpisce in marmo il mezzo busto del marito defunto.

Come diventa Marcello e perché?

Rientrata a Parigi, grazie al suo rango non ha alcuna difficoltà a introdursi nell’alta società del Secondo Impero. Nel 1861 viene respinta la sua domanda di ammissione all’École des Beaux-Arts, delusa si trasferirà a Roma in cui soggiorna per due anni e al ritorno a Parigi prende con determinazione, forte del suo talento, una decisione ardita; decide di esporre al Salon di Parigi.

Contravvenendo ai dettami dell’epoca, adotta lo pseudonimo di Marcello per contrastare i pregiudizi di genere e di rango vigenti nel mondo dell’arte.

Dunque la duchessa non era solo talentuosa e bella ma anche astuta! All’Expo espone la scultura in bronzo dorato di Bianca Cappello, moglie del Granduca di Toscana Francesco I de’ Medici. La sua opera viene notata e apprezzata dall‘imperatrice Eugenia che invita Adèle a corte. Da questo momento si parlerà molto di Adèle grazie anche allo scandalo suscitato per essersi presentata sotto mentite spoglie maschili e le sue opere sono finalmente apprezzate anche dai critici d’arte. 

Adèle d’Affry in arte Marcello, Bianca Cappello, 1863

Scolpisce il suo capolavoro: La Pizia

Tuttavia le difficoltà non sono ancora terminate.

Nel 1870 presenta al salone di Parigi  La Pizia*,  il suo capolavoro. Una magnifica scultura in bronzo, audace e dalla sensualità eccezionale, la veste è sollevata a scoprire le gambe tornite, ha i seni nudi e dalla forma insolita, l’espressione del volto è rabbiosa con i capelli al vento e la mano protesa in avanti in un atteggiamento di attacco.

L’opera fa scandalo e viene soprannominata la strega negra ma alla fine otterrà il meritato riconoscimento; verrà acquistata da Charles Garnier per abbellire la nuova Opéra Garnier e ancora oggi fa bella mostra di sé nel foyer, sotto la grande scalinata dell’Opéra.

Adèle d’Affry in arte Marcello, La Pizia, 1870

Gli ultimi anni

Adéle inizia a viaggiare riscuotendo successo tra le corti d’Europa ma la tisi che subdolamente l’aveva colpita già da qualche anno, fa peggiorare il suo stato di salute e si spegnerà a Castellammare di Stabia all’età di quarantatré anni. Per sua volontà raccolta in un testamento, un numero cospicuo di sue sculture furono donate alla città natale di Friburgo, affinché le raccogliesse in un museo intitolato alla sua opera, sotto il nome di Marcello.

Curiosità mitologica

Chi era La Pizia? Il nome deriva da πύϑων, cioè il serpente ucciso da Apollo e che si diceva giacesse sepolto sotto l’omfalo delfico. La Pizia era la sacerdotessa del dio Apollo nel tempio di Delfi, recitava i responsi del dio a coloro che erano venuti a interrogare l’oracolo. Era considerata la fonte religiosa più autorevole del mondo antico. Il suo ruolo di tramite col divino, conferiva alla Pizia un prestigio e una posizione sociale inusuale per una società maschilista come quella greca. Le si richiedeva la continenza dai piaceri della carne, pertanto la sacerdotessa doveva essere vergine. La Pizia ricevuta la richiesta dei visitatori, si sedeva sul tripode d’oro situato al di sopra di una voragine da cui esalavano vapori che avevano la virtù di far cadere nello stato di estasi chi li emanava. Ed era in questo stato che la Pizia vaticinava 

John Collier, La Pizia di Delfi, 1891

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