The last Pope

“The last Pope” di Abel Wakaam è una spy story che non ha nulla da invidiare alle grandi sceneggiature americane: vividezza, autenticità, dinamicità dei dialoghi e perfetta caratterizzazione dei personaggi, che si alternano sulle pagine del libro con un appeal straordinario, ognuno nella sua specificità di linguaggio. È proprio il linguaggio il filo conduttore del romanzo, che riesce a disegnare i personaggi senza descriverli, li rende vivi, capaci di muoversi in uno spazio che si costruisce da sé, attraverso la potenza dei dialoghi. Si parla di sotterfugi, situazioni da cardiopalma e l’imminente rischio del delitto più blasfemo di cui l’umanità possa macchiarsi: quello del Papa.

Intrighi di palazzo, personaggi loschi, mafiosi, trafficanti di uomini, cardinali senza scrupoli e donne dalle dubbie frequentazioni si agitano sulla scena di una storia che lascia incollati alle pagine. È un romanzo dal sapore internazionale, che ha un piacevole retrogusto casereccio, laddove ci porta sulle coste della Sicilia a gustare piatti prelibati e a goderci il mare. Lo humour è tutto italiano: divertente, sarcastico, mai buonista né banale, l’autore ci conduce a scoprire dettagli interessanti di una delle organizzazioni più potenti del mondo. Regge perfettamente le fila della storia il protagonista, Arthur, uomo dal passato turbolento e dal carattere irriverente, unico a poter sbrogliare una aggrovigliata matassa. Con lui, un hacker giovane e un po’ imbranato, una poliziotta che si lascia ingannare dai sentimenti, un cane che più volte attira la nostra attenzione.

Abel Wakaam, col suo stile originale e inconfondibile, non si smentisce: punta il bersaglio e fa centro.

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