Sarah Bernardht. Una tigre fra le belve

Qualche sera fa ho visto uno spettacolo teatrale sulla vita dell’attrice Sarah Bernardht interpretata dalla magnifica Laura Morante. La performance della Morante è stata superlativa, è riuscita a infondere vita e passione ad una delle figure più affascinanti che siano mai esistite nel mondo teatrale. Rientrata a casa, ero talmente entusiasta da scrivere di getto l’articolo.

Sarah è stata davvero una donna scandalosa e tra critiche ed elogi, rimase costantemente al centro della scena, grazie al temperamento ferino che l’ha accompagnata fino alla morte. Di padre ignoto, madre cortigiana ed ebrea non si può dire che fosse messa bene per l’epoca. Eppure, questa donna ebbe dalla sua un carattere degno di una tigre e un orgoglio indomabile che non concesse sconti a nessuno. Il suo bisogno di indipendenza era lì ad attenderla alla nascita pronto per essere indossato.   Ai suoi piedi si prostrarono uomini del calibro di Oscar Wilde che alla fine di una prima le fece ricadere sui piedi una cascata di gigli bianchi, di Freud che in una lettera le scrisse: “recita con ogni giuntura del suo corpo”, di Victor Hugo che le dedicò pagine del suo diario, di contro fu detestata da Anton Čechov al quale la “divina” stava cordialmente antipatica.

Laura Morante interpreta Sarah Bernardht

Nonostante le origini non proprio fortunate, Sarah ricevette una buona educazione sponsorizzata dal duca di Morny, fratellastro di Napoleone III e amante della madre. Studiò in un collegio di suore dove durante una recita maturò l’idea di diventare un’attrice. Seguì corsi di pittura e scultura all’École des Beaux Arts, per poi accedere al prestigioso Conservatorio.

Siamo nella Parigi nel XIX secolo, durante la Belle Époque e Sarah fedele al suo bisogno di indipendenza, rifiuta di sposarsi, così viene avviata alla carriera di attrice; nessuno è disposto a scommettere un soldo su di lei, non ha certo il physique du rôle per fare l’attrice, era magra come un chiodo in un’epoca in cui le donne le si preferiva molto in carne, inoltre aveva una testa di capelli crespi e un naso marcatamente ebreo. Spiccavano gli occhi e la voce, entrambi pregevoli. Agli esordi finì impietosamente sotto le saette di una critica aspra ma Sarah non fece un plié e rispose:

«quand même»,
«malgrado tutto»

Che diventerà il suo motto, il suo vessillo e con il quale tappezzerà ogni angolo della sua casa: un’opulenta dimora nel centro di Parigi, nella quale conviveva circondata da animali esotici e bestie feroci – scimmie, pappagalli, alligatori, serpenti, puma, ghepardi.  Stravagante lo era davvero, gli aneddoti sulle sue manie si sprecano, si narra che fosse estremamente superstiziosa e che ad ogni tournée intrapresa all’estero, tornasse con nuovi riti apotropaici acquisiti e che sempre per scaramanzia tenesse in casa la propria bara e che fosse solita trascorrere parecchie ore al suo interno.

Motto di Sarah Bernardht

Ebbe diversi amanti tra i quali, artisti, scrittori, generali, il principe di Galles, regnanti di passaggio, uomini politici, ministri e deputati dell’opposizione. Nel 1864, dalla sua relazione col principe belga Eugène de Ligne, nacque il suo unico figlio, Maurice, mai riconosciuto dal padre e che diventerà uno scrittore.

Sarah, ebbe l’ardire di abbandonare la Comédie-Française – il sacro tempio del teatro francese istituito per volere del Re Sole in persona – per ben due volte sbattendo la porta. Rinacque dalle sue ceneri all’Odeon, aveva 24 anni e riscosse il suo primo clamoroso trionfo. Era il febbraio del 1868. Da lì in avanti godrà dell’epiteto di “Divine” e “Voix d’or”. Quando sale sul palco, scrive: 

“l’attore lascia in camerino la sua personalità, spoglia l’anima dalle sue sensazioni… non può dividersi tra sé e il proprio ruolo; finché resta in scena perde il suo io”

Sarah da comunicatrice quale era, irriverente certo, ma di grande impatto, comprese che per coltivare la sua immagine da diva doveva affidarsi alla réclame. Considerate che all’epoca la pubblicità non era vista di buon occhio 

“Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario… lei mi crede pianista in un bordello” – Jacques Séguéla

Vendette la sua immagine per la moda, le belle arti, la profumeria e il suo nome comparve su miriadi di prodotti, dai saponi alle biciclette.

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Il pittore ceco Alfons Mucha ebbe l’incarico di disegnare i suoi Manifesti sublimandone la sua immagine di femme fatale e lanciando l’Art Nouveau. Collaborarono per sei anni, e furono anni di grande splendore

La Samaritaine, Alphonse Mucha, Sarah Bernardht


Sul letto di morte, seppe che attorno alla sua villa la folla si accalcava da una settimana e disse: 

“li farò aspettare, mi hanno torturata tutta la vita, adesso li torturo io”.

Eclettica, stravagante, libera, generosa, Sarah visse in maniera spregiudicata la sua vita facendo sempre e soltanto quello che desiderava  al grido “J’adore la bataille”(adoro la battaglia)

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