Le donne afghane esistono


In Afganistan i talebani hanno ripreso il potere e impongono il ritorno del burqa in tutti i territori conquistati. Le donne devono essere interamente nascoste, comprese le mani che devono essere coperte con i guanti.

“Estrasse dal sacchetto un burqa azzurro cielo. Quando lo sollevò, metri di stoffa pieghettata gli si rovesciarono sulle ginocchia. Riavvolse il burqa fissando Mariam. (…) Mariam non aveva mai indossato il burqa. Rashid dovette aiutarla a infilarlo. Il pesante copricapo imbottito le stringeva la testa.. Era strano vedere il mondo attraverso una grata. Nella sua stanza si esercitò a camminare, ma incespicava continuamente nell’orlo. La innervosiva non poter vedere di lato, ed era sgradevole sentirsi soffocare dal tessuto che le copriva la bocca”. Khaled Hosseini – Mille splendidi soli. 


E’ molto difficile per me scrivere delle condizione delle donne afghane, delle loro urla, dei loro pianti, dei loro burqa, degli stupri coniugali, dei matrimoni forzati e di tutte le violenze fisiche e psicologiche che sono costrette a subire senza che un moto di ribellione salga dal profondo della mia anima. I diritti umani sono stati violati, le donne private di un volto, di una voce, di libertà di movimento e della stessa dignità di esseri umani sono trattate alle stregua di oggetti. Siamo nell’epoca in cui il patriarcato è visibilmente sofferente, potrei definirlo un patriarcato morente eppure i suoi ultimi colpi di coda sembrano manifestare con rinnovata acrimonia la paura del femminile. In questo momento ci sono giovani donne che stanno nascondendo o bruciando diplomi, attestati e lauree che con fatica e con orgoglio sono riuscite ad ottenere, perché i talebani stanno passando al setaccio casa per casa alla ricerca delle donne istruite, temute dal califfato più delle armi.

“La paura che fanno le donne le quali, quando sono potenti, lo sono sempre più di un uomo potente”. Oriana Fallaci, Il sesso inutile

Nel Paese il numero dei suicidi femminili è tornato a crescere nuovamente, sono molte le donne vittime di soprusi inimmaginabili che scelgono la morte come unica via di fuga. Il solo pensiero che si scelga di darsi la morte è di per sé sconvolgente e lascia capire come la condizione femminile in questo paese sia insostenibile.


Difendere le donne afghane oggi costituisce un dovere di qualunque democrazia, non farlo significherebbe tradire i valori della dignità e della libertà individuale di cui ne sono i baluardi e rendersi complici di un abominio che può essere paragonato alla Shoah.

Quello che i talebani, popolo dal “cattivo seme”, per usare un termine caro a Hillman, promettono di fare e quello che stanno facendo sono due cose molto differenti. Alle donne è stato vietato di uscire di casa senza un compagno maschio, ad alcune lavoratrici è stato detto che il loro impiego sarà ora svolto da uomini ed è stato loro ordinato di indossare il burqa. Con la calce bianca sono state cancellate tutte le immagini femminili dai cartelloni pubblicitari per strada; il bianco che per noi è il simbolo della purezza, del candore e della pulizia, in mano loro cambia significato e diventa whitewash “fare tabula rasa”; ed è questo ciò che vogliono, fare tabula rasa della presenza femminile. I talebani sono andati di porta in porta a reclamare i loro “premi”, donne non sposate di età compresa tra i dodici e i quarantacinque anni, affinché diventino bottino di guerra. Le bambine vivranno l’incubo delle loro madri, date in sposa a uomini più vecchi o mai visti prima che le abuseranno e le ridurranno a schiave. Lo stupro è solo l’inizio dell’inferno, per loro la prospettiva oltre alla schiavitù sessuale è quella di essere considerate merce di scambio in ambito di trattative per il loro loschi commerci, quali armi o droga o traffico d’organi. 

“Questo lenzuolo, che si chiami purdah o burka o pushi o kulle, o djellabah, ha due buchi all’altezza degli occhi, oppure un fitto graticcio alto due centimetri e largo sei, e attraverso quei buchi o quel graticcio esse guardano il cielo e la gente: come attraverso le sbarre di una prigione”. Oriana Fallaci, Le radici dell’odio

L’Afghanistan non interessa più e men che meno interessano le sue donne. In una manciata di ore sono sprofondate nel medioevo talebano.

Tutto il progetto costruito nell’arco di questi vent’anni, la guerra più lunga degli Stati Uniti, soprannominato Nation Building, e a cui ha partecipato anche l’esercito italiano, grazie al quale le donne avevano ottenuto il riconoscimento di diritti e di ruoli, è stato mandato “a puttane”, consentitemi il francesismo, non è possibile edulcorare i contenuti. Ci vogliono far credere che il ritiro delle truppe americane sia stato avventato, io credo piuttosto che sia stato programmato e organizzato. Mi rimane, tuttavia, una domanda in sospeso.

Cui Prodest?

Torna su