Caieta, una donna, una città
di Antonietta Imbesi
Ali Ribelli Edizioni, 2021
Recensione a cura di Patrizia Zito
Nel vasto panorama della poesia contemporanea, spesso c’è bisogno di opere che innalzino le voci delle donne attraverso le epoche, celebrando la loro forza, la loro resilienza e il loro potere mitico. “Caieta, una donna, una città” è uno di quei delicati gioielli letterari che abbraccia questa missione con fervore e grazia.
L’autrice, Antonietta Imbesi, attraverso una serie di poesie incantevoli e profonde, parte intessendo la trama o forse invocando, un mito antico e leggendario, Caieta la nutrice di Enea, da cui prende il nome Gaeta, la città natale dell’autrice.
Ogni poesia è un tuffo nell’abisso dell’emozioni come “porte spalancate di abbracci pronti all’accoglienza”, ora riportando alla luce figure dimenticate o misconosciute, ma mai meno potenti, ora ricordi d’infanzia, tempo di una “libertà mai più sperimentata”, ora soffermandosi sulla solitudine sentita come “balsamo sul cuore, libera da lacci”, ora ad ammirare le esplosioni della natura nel suo continuo nascere e morire, metafora dello scorrere delle stagioni.
La poesia di questo libro è una fusione di lingua antica e moderna, una danza di parole che incanta e cattura il lettore fin dalle prime righe. L’autrice dimostra padronanza del linguaggio poetico e della capacità di creare suggestioni evocative, sapendo quando essere enigmatica, o arditamente esplicita in cui vorrebbe “prolungare all’infinito l’amplesso col dio pagano”.
Ma più di tutto Caieta, è un richiamo a godere delle gioie della vita, un inno alla vita, all’amore per la vita “pur se a volte faticosa”.
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