Alda Merini e i suoi 46 elettroschock subiti.

“Sono nata il ventuno a primavera

ma non sapevo che nascere folle

aprire le zolle

potesse scatenar tempesta.

Alda Merini nasce a Milano in una famiglia modesta e sin da piccola dimostra un’innata inclinazione per la poesia, che fu presto smorzata sul nascere dalla sua famiglia (perché «con la poesia non si mangia») Ha dodici anni quando le bombe della Seconda Guerra Mondiale sventrano la sua casa e sarà costretta a trasferirsi con la sua famiglia presso una parente a Vercelli. Esperienza, quella della guerra che segnerà la vita di Alda e che non riuscirà mai a superare del tutto. 


“Sono nata a Milano il 21 marzo 1931, a casa mia, in via Mangone, a Porta Genova: era una zona nuova ai tempi, di mezze persone, alcune un po’ eleganti altre no. Poi la mia casa è stata distrutta dalle bombe. Noi eravamo sotto, nel rifugio, durante un coprifuoco; siamo tornati su e non c’era più niente, solo macerie.”


Finita la guerra, rientra a Milano e decide di proseguire gli studi, tenta invano di accedere al Liceo Manzoni ma non supera la prova di ammissione in italiano – lei che nel corso della vita ricevette ben due candidature al Premio Nobel per la Letteratura. Questo ci fa capire quanto la scuola comprenda i talenti!

L’inizio del calvario per la “Poetessa dei Navigli”


Le ombre della sua mente si manifestano la prima volta a sedici anni, nel 1947, quando viene internata per la prima volta in una clinica psichiatrica con la diagnosi di bipolarismo. Per venti anni entra ed esce dai manicomi.  Ai tempi non era ancora in vigore la legge Basaglia, quindi, i manicomi esistevano e con essi tutte le sofferenze e le violenze subite dalle internate che avevano la sfortuna di frequentare luoghi simili; oltre ad essere tagliate fuori da ogni contatto con l’esterno, venivano imbottite di psicofarmaci, trattate senza alcuna delicatezza e la disumana pratica degli elettroschock rientrava nel protocollo di cura. Alda ne subì ben 46! 


“In quel manicomio esistevano gli orrori degli elettroschock. Ogni tanto ci assiepavano dentro una stanza e ci facevano quelle orribili fatture. Io le chiamavo fatture perché non servivano che ad abbrutire il nostro spirito e le nostre menti. La stanzetta degli elettroshock era una stanzetta quanto mai angusta e terribile; e più terribile ancora era l’anticamera, dove ci preparavano per il triste evento.
Ci facevano una pre morfina, e poi ci davano del curaro perché gli arti non prendessero ad agitarsi in modo sproporzionato durante la scarica elettrica. L’attesa era angosciosa. Molte piangevano. Qualcuna orinava per terra.”

– L’altra verità. Diario di una diversa


Sono momenti di profondo dolore che lei stessa ripercorrerà nelle sue poesie, in particolar modo nella raccolta LaTerra Santa e che termineranno nel 1979.

“Se la mia poesia mi abbandonasse come polvere o vento, se io non potessi più cantare, come polvere o vento, io cadrei a terra sconfitta trafitta forse come la farfalla e in cerca della polvere d’oro morirei sopra una lampadina accesa, se la mia poesia non fosse come una gruccia che tiene su uno scheletro tremante, cadrei a terra come un cadavere che l’amore ha sconfitto”

Alda Merini è riuscita a “trasformare il dolore in medicina” (per usare un termine caro a Daisaku Ikeda) a convertire la dolorosa esperienza dell’internamento in manicomio, regalandoci una straordinaria energia creativa e la sua immensa interiorità attraverso la sua poesia che racconta i moti dell’animo e i tormenti che si agitano dentro di noi in modo semplice, con uno stile misto di poesia e prosa.  Per intensità può essere accostata ad altre illustri poetesse quali la Dickinson, la Achmatova , Saffo e la Yourcenar.

Il ritorno a Milano


E’ il 1979 quando Alda, torna definitivamente a casa, a Milano. E’ fortemente motivata a scrivere, vuole mettere nero su bianco, per raccontare il calvario subito all’interno dei manicomi, le umiliazioni e i maltrattamenti inferti da parte dei medici e degli infermieri e lo racconterà nel libro “L’altra verità. Diario di una diversa”. Il libro è autobiografico e la “Poetessa dei Navigli” racconterà i dieci anni di esperienza vissuti all’interno dei manicomi in cui l’estro creativo, la poesia e la scrittura fossero stati la panacea per fronteggiare le brutture di quei luoghi. Divenne un personaggio molto richiesto nei salotti televisivi, a volte accettava di buon grado, altre volte era sopraffatta dall’immagine di poetessa folle che faceva divertire il pubblico.

La casa di Milano

La sua casa a Milano nei pressi del Naviglio Grande è estremamente disordinata, piena di vecchie cose, un bazar in cui si mescolavano macchine da scrivere con ventilatori, rossetti e collane, le pareti di casa utilizzate come rubrica telefonica per annotare numeri di telefono, cose rotte e altre funzionanti, tutti oggetti sommersi dalla polvere che Alda non ha mai tolto così come non ha mai fatto ordine fuori e dentro di lei.

L’orrore dei manicomi

I trattamenti disumani e impietosi utilizzati all’interno degli istituti manicomiali miravano ad annullare l’identità di una persona. Si consideri che molte donne ricoverate in manicomio erano perfettamente sane di mente. Buona parte delle cosiddette alienate sono donne ritenute scomode e rifiutate dalle loro famiglie che per liberarsene le rinchiudevano per sempre in un manicomio, altre ancora dalla personalità anticonformista venivano rinchiuse con la diagnosi di isteria. Durante la Prima Guerra Mondiale finivano in manicomio le donne che manifestavano gravi sintomi da stress post traumatico correlato al periodo storico e alle violenze ed eventi vissuti e che quindi necessitavano trattamenti di risanamento. E la situazione si aggravò durante il periodo fascista in cui venivano internate le donne che si discostavano dall’ideale di moglie e madre esemplare, le cosiddette “malacarne” perché costituivano una minaccia per la morale dello Stato.

E’ indiscutibilmente evidente che a sconvolgere la loro sorte fossero gli uomini, lo strapotere che gli uomini avevano sulle donne che trasformava irreparabilmente le loro vite. Fu promulgata una stretta normativa (Testo unico delle leggi di Pubblica Sicurezza 1926 prima e Codice Rocco 1930 poi), per cui il pater familias e il medico condotto coesi si liberavano in questo modo degli elementi femminili più scomodi o scandalosi, ” il mostruoso femminile”.

Quanto dolore e quanta umiliazione hanno dovuto subire le nostre antenate e quante lacrime versate!

Alcune Poesie della meravigliosa Alda Merini

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso

sei un granello di colpa

anche agli occhi di Dio

malgrado le tue sante guerre

per l’emancipazione.

Spaccarono la tua bellezza

e rimane uno scheletro d’amore

che però grida ancora vendetta

e soltanto tu riesci

ancora a piangere,

poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,

poi ti volti e non sai ancora dire

e taci meravigliata

e allora diventi grande come la terra

e innalzi il tuo canto d’amore.

– A tutte le donne


Amai teneramente dei dolcissimi amanti

senza che essi sapessero mai nulla.

E su questi intessei tele di ragno

e fui preda della mia stessa materia.

In me l’anima c’era della meretrice

della santa della sanguinaria e dell’ipocrita.

Molti diedero al mio modo di vivere un nome

e fui soltanto una isterica.

– da “La gazza ladra”

La luna geme sui fondali del mare,
o Dio quanta morta paura
di queste siepi terrene,
o quanti sguardi attoniti
che salgono dal buio a ghermirti nell’anima ferita.

La luna grava su tutto il nostro io
e anche quando sei prossima alla fine
senti odore di luna
sempre sui cespugli martoriati
dai mantici
dalle parodie del destino.

Io sono nata zingara, non ho posto fisso nel mondo,
ma forse al chiaro di luna
mi fermerò il tuo momento,
quanto basti per darti
un unico bacio d’amore.

– Canto alla luna da “Vuoto d’amore” Einaudi 1991

Io sono folle, folle, 

folle di amore per te.

Io gemo di tenerezza

perchè sono folle, folle,

perchè ti ho perduto.

Stamane il mattino era sì caldo

che a me dettava questa confusione,

ma io era malata di tormento

ero malata di tua perdizione.

– La Terra Santa 

Alda Merini ha ricevuto numerosi riconoscimenti fra cui il Premio ProcidaElsa Morante, il Premio Librex Montale, la laurea magistrale honoris causa in Teorie della comunicazione e dei linguaggi, ed è stata insignita dell’onorificenza di Dama di commenda al merito della Repubblica Italiana

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