UTERO IN GABBIA. Aborto sì, aborto no.


L’errata concezione secondo la quale le donne sono state create per soddisfare ogni esigenza dell’uomo, non è ancora in disuso, anzi è più viva che mai e trova piena conferma con quanto accaduto in questi ultimi giorni.

La sentenza della Corte Suprema dell’Alabama ha mandato a puttane 50 anni di civiltà.

Abolendo il diritto all’aborto, ha di fatto testimoniato che la concezione della donna è ancora quella in funzione del maschile. Per questa sentenza la donna non può e non deve decidere autonomamente per se stessa ma solo in funzione dell’uomo, padre, fidanzato, marito, e vattelappesca chi altro.

Ed è così in ogni ambito, nel lavoro, dove per l’uomo è carriera, per la donna invece un capriccio o una necessità economica. Nel sesso, in cui l’uomo può intrattenere rapporti liberamente e con chiunque senza curarsi delle conseguenze e soprattutto senza essere giudicato. La donna invece, viene esposta alla gogna sociale, al giudizio, alla critica perché per la società la responsabilità di quell’atto ricadrà sempre e soltanto su di lei. 

Il passato insegna. Se non lo conosciamo ripeteremo gli stessi errori.

La donna, nel corso dei secoli, è sempre stata ritenuta colpevole. Se la moglie non riusciva ad avere figli era colpa sua, veniva additata come donna mancata e il marito poteva ripudiarla perché non gli garantiva la progenie. 

Se la donna diventava madre fuori dal matrimonio, era disonorata e i genitori la cacciavano di casa, esponendola allo sconforto che in molti casi degenerava nel suicidio.

Una donna dopo la gestazione e il parto non aveva alcun diritto sul nascituro, la patria potestà era del marito che poteva disporre del figlio a piacimento.

Per l’uomo, la donna è sempre stata considerata la riserva produttiva, un mezzo che serve al maschio per moltiplicarsi, e la maternità è sempre stata gestita da leggi, idee e pregiudizi maschili. Vi rendete conto dell’assurdità di tutto ciò? L’utero di chi è? Chi un utero non ce l’ha e non deve affrontare gravidanza e parto non ha diritto di parola sulla questione. Punto.

È necessario che l’uomo comprenda, anzi che se ne faccia una ragione, che la donna è una persona che ha valore individualmente senza dover ricevere l’approvazione di nessuna autorità maschile per poter esistere, scegliere, decidere, provare piacere, fare figli o non farne.

L’annullamento della sentenza Roe vs. Wade, con cui nel 1973 venne stabilito il diritto all’aborto a livello federale, ha fatto sì che per la prima volta in America le donne di oggi hanno meno diritti delle loro madri e delle loro nonne. È una sentenza prevaricatrice, dominante e retrograda, che ha il solo scopo di rimarcare che chi detiene il potere è ancor l’uomo e può decidere in qualunque momento di negare alle donne diritti civili e libertari precedentemente concessi. Con la CANCELLAZIONE delle Leggi sull’ INTERRUZIONE di GRAVIDANZA le uniche ad avere danni, le uniche eventualmente a morire, saranno le DONNE. Sono infinite le ragioni per cui una donna non vuole o non può portare a termine una gravidanza, alcune molto gravi di ordine salutare, per i quali non entro nel merito non avendo una laurea in medicina.

Una legge che non si fa carico delle diversità, dei singoli casi è una legge iniqua. Anche Aristotele insegna che “La giustizia è ingiusta se non guarda i singoli casi”.

Non ci deve essere neanche una sola donna che rimanga indifferente di fronte ad una sentenza di questa portata. Siamo tutte coinvolte. E’ una legge dittatoriale che oggi colpisce le donne americane, e domani chi?

Ci vogliono cancellare con la complicità di molte di noi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA/ le Rosse discendono dai gatti

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