Slogan dell’antica Grecia. “καλός καὶ ἀγαθός” bello e valoroso

Mi risuonano ancora nelle orecchie le parole della mia meravigliosa Insegnante di latino e greco … “l’eroe greco è sempre bello e valoroso, καλός καὶ ἀγαθός.”

La bellezza nella cultura greca arcaica è concepita come un valore assoluto donato dagli dei all’uomo e spesso associato alle imprese di guerra dell’eroe e doveva corrispondere ad alcuni canoni, erano considerate belle, le persone alte e dalla pelle chiara. 

L’aspetto fisico era posto sullo stesso piano di quello morale e l’uno non era completo senza l’altro; la forza, la bellezza e l’armonia erano virtù di una persona almeno quanto l’intelligenza e la bontà d’animo.

Tutti gli eroi epici, da Omero in poi, vengono presentati come kalòi kai agathòi e in ogni poema sono presenti gare sportive la cui vittoria dà ai protagonisti lo stesso prestigio di una vittoria in una battaglia. L’ideale aristocratico della kalokagathia– termine che origina dalla sostantivizzazione degli aggettivi: καλός κἀγαθός, (kalòs kagathòs), crasi di καλὸς καὶ ἀγαθός, – significava infatti che l’essere “buono” nel concetto di valoroso, ben nato, ben educato, non poteva essere disgiunto dall’esser bello, ossia armonioso, nobile, splendente di gloria. Gli dei, i semidei, gli eroi, gli uomini che il mito e la storia ci tramandano, che la poesia e la scultura ci consegnano, sono belli perché, nel loro corpo, c’è la scintilla divina del mondo.

Apollo Del Belvedere, 350 a.C.

La kalokagathia dunque rappresenta la concezione greca del bene connessa all’azione dell’uomo e sostiene quindi che vi sia una complementarità tra “bello” e “buono”: ciò che è bello non può non essere buono e ciò che è buono è necessariamente bello. 

L’Estetica che non può scindere dall’Etica

Anche la politica era permeata di bellezza; per i Sofisti nella seconda metà del V secolo ad Atene, l’intellettuale dominante nella carriera politica e oratoria, veniva definito con questa espressione alla quale si dava la connotazione di valore morale di virtù e giustizia.

Platone scriveva

“ La potenza del bene si è rifugiata nella natura del bello”.

E sempre per Platone è un ideale aristocratico che distingue il sapiente dalla massa incolta. Il concetto ha cavalcato i secoli e lo ritroviamo in Kant, convinto che il bello fosse il simbolo del bene etico. E ancora il Belli sostiene che 

“Dio stesso, ch’è un pozzo de saviezza, la madre che pijò, la vorze bella”.

Triste riflettere come oggi in Italia, nazione che ha perseguito questo aspetto nell’arte, e che ospita i 2/3 del patrimonio culturale e artistico del mondo, abbia instaurato un modo di pensare decadente che è lontano anni luce dal concetto di kalòs kai agathòs. Ancora oggi si trovano persone che, essendo invidiose e frustrate, vorrebbero tutti poveri, brutti e infelici, per usare un termine greco, Kakòv (brutto e cattivo)


Mai quanto oggi, in un periodo storico difficile di mortificazione dell’anima e mistificazione dell’etica, per sopravvivere ci vuole tanta ma tanta Bellezza.

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