Sibilla Aleramo e il suo amore tossico.


Sibilla Aleramo è stata la prima donna, in Italia, a rifiutare pubblicamente il ruolo tradizionale di madre e di moglie attraverso la propria attività letteraria e giornalistica. Il suo romanzo più importante Una Donna, testo per alcuni aspetti autobiografico, denuncia il ruolo tradizionale della donna attingendo al trauma del suo matrimonio, alla lotta femminista e all’allontanamento dal figlio Walter. Il libro accende il dibattito sulla questione femminile e viene tradotto in 12 lingue. 

Libera ed emancipata ebbe numerosi amori nel corso della sua vita tuttavia, il rapporto che più ha assunto un’allure leggendaria, resta quello con il poeta Dino Campana, autore del celeberrimo I canti Orfici . Era l’estate del 1916 quando si incontrarono. Mentre impazzava la Prima Guerra Mondiale, loro si amano di un amore passionale, violento, carnale e devastante. I due avevano in comune l’animo tormentato: Sibilla, figlia di una madre internata in manicomio per manie suicide e vittima di violenza all’età di quindici anni costretta a sposare il suo carnefice; Dino, insofferente e dal carattere ribelle che gli causava costanti problemi giudiziari per i quali finiva internato in manicomio

Il loro tormentato scambio epistolare è raccontato nel libro Quel viaggio chiamato amore, Editori Riuniti, 1987

Notte – Possa tu riposare, mentre io ardo cosi nel pensiero di te e non trovo più il sonno, e sono felice. M’hai promesso di farti rivedere ancor più bello, mia bella belva bionda. Come passerai questi giorni e queste notti? Mi senti nella mia sciarpa azzurra, speranza, grazia? Riposa, riposa. Ci siamo meritati il miracolo. Lo vivremo tutto. E avrai tanta dolcezza anche dal dimenticarti in me, qualche momento, dall’avermi dinanzi come qualcosa a cui la tua dedizione sia sacra, fertile e sacra. Ho tanta fede, Dino. Mi sento ancora cosi forte, per questo scambio del nostro sangue.

Epistola XII

Sibilla a Dino
Villa La Topaia, Borgo S. Lorenzo, 7-8 agosto 1916

Chiudo il tuo libro,
snodo le mie treccie,
o cuor selvaggio,
musico cuore…

con la tua vita intera
sei nei tuoi canti
come un addio a me.
Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli,
meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo,
liberi singhiozzando, senza mai vederci,
ne mai saperci, con notturni occhi.

Epistola III
Sibilla a Dino

Tratte dal carteggio amoroso tra Sibilla Aleramo e Dino Campana, storia tempestosa e sofferta la loro, a causa della follia di cui era affetto il poeta Campana, che terminò i suoi giorni internato. Follia che si manifestava con atteggiamenti violenti sia fisici che verbali. Sibilla veniva accusata di infedeltà e colpevolizzata per le precedenti relazioni, un triste copione che ha la forma storica del sentimento di proprietà cieco e violento in tanti rapporti uomo/donna che, ancora oggi miete numerose vittime.

Come avviene ancora oggi in un copione storico, persino Sibilla Aleramo, donna libera, autrice del primo romanzo italiano ritenuto quasi un manifesto femminista, si sottomette per amore, subisce e si colpevolizza. Ritiene la sofferenza di lui, folle, più grande di quella che prova lei tuttavia, alla fine reagisce. Il ripetersi delle violenze subite la convince che la situazione è perduta e che la storia va troncata.

Il 21 dicembre 1916, scrive alla comune amica Leonetta Cecchi Pieraccioni:

Leonetta, non so se vedrai Campana. Dopo averlo ritrovato, e con lui qualcuna delle nostre ore più belle, stanotte s’è di nuovo abbandonato al suo delirio d’odio e questa volta credo non ci ritroveremo più […] Non avevo mai impegnata così totalmente la mia esistenza: era adorazione, sottomissione, negazione mia totale. Ora non saprò mai più amare. Sibilla

Alla loro relazione s’ispira il film  

Un viaggio chiamato amore, che esce nel 2002 con la regia di Michele Placido.

https://www.mymovies.it/film/2002/unviaggiochiamatoamore/trailer/

PER APPROFONDIRE

Canti orfici sono un prosimetro, ovvero una raccolta in cui si alternano testi in prosa e in versi. Nell’opera domina un’atmosfera onirica in cui ogni rappresentazione avviene sul piano dell’irrealtà. Il repertorio di situazioni e immagini che affollano la poesia di Campana è quello del tardo decadentismo europeo: la chimera, l’androgino, le prostitute, le atmosfere urbane allucinate e degradate, la compresenza di angelico e demoniaco. Forte l’influenza della filosofia di Nietzsche. I Canti orfici sono un libro importante e controverso. Tra i critici c’è sempre stato poco accordo sul lavoro poetico di Campana: lo stereotipo più diffuso è quello che lega la produzione poetica alla vita sregolata dell’autore, che incarnerebbe il tipo del poeta “maledetto” e “pazzo”.

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