Ho sempre amato e letto i versi dei grandi poeti e poetesse che hanno arricchito la letteratura di tutti i tempi. Le loro poesie sono state di grande ristoro in diversi momenti bui della mia vita o anticorpo contro la superficialità dilagante che annienta la società odierna. Di fronte all’innumerevole quantità di parole scritte, spesso inutili e inconsistenti, da cui siamo costantemente bombardati ci vuole qualcosa che faccia da argine. Ecco la poesia fa tutto questo e molto altro.
La poesia mi ricorda che esiste un altrove che sovrasta la quotidianità, risvegliando qualcosa che magari non mi ero nemmeno resa conto si fosse addormentato. La poesia mi ricorda che ho un’anima ed è il mezzo più veloce per mettermi in contatto con la sua parte più profonda. Bisogna soltanto lasciar scorrere il fiume delle emozioni e non frenarle, liberarsi dai tabù con cui siamo stati educati e avere il coraggio di mettere a nudo la propria anima al di là dei giudizi che possiamo suscitare.
La raccolta di versi, a cui ho dato il nome RADIX, che leggerete qui di seguito, è il frutto del mio sentire con tutte le sue sfumature e colorazioni. Quindici poesie, ispirazioni che sopraggiungono inaspettatamente per cullare le ferite dell'anima; sentimenti forti e dolorosi che hanno fatto parte della mia vita e che grazie alla penna ho cercato di dipanare, dar loro una dimensione e infine esorcizzare. La mia poesia è l'urlo dell'anima che mi supplica di far fluire la vita, di ritornare a parlare l'unico linguaggio possibile, quello dell'amore.

ESSENZA (2)
Una spada
Flessibile, duttile e forte.
Una spada che danza
che obbedisce con orgoglio ai ritmi della vita
ai duri ritmi del suo ferro.
Una spada che può essere forgiata con una ardente fiamma.
Una spada
voglio essere, anima e corpo.
Una spada di prezioso metallo che danza.
NESSUN PADRONE (4)
Mi accudisco con calma,
ogni gesto reca in sè la sacralità che merita
la mia tavola è sempre apparecchiata
e il mio desco non uccide nessuno
il fuoco sempre acceso
le redini ben salde
nessun padrone nella mia vita
VESTALE (1)
Sono fuoco
puro e sacro fuoco
luce e calore
scaldo, brucio, ardo, curo, guarisco, creo, costruisco e distruggo.
Se voglio, gioco col fuoco.
Non mi brucio.
Tutto in mio potere e come una vestale lo custodisco
affinché la sua fiamma arda in eterno.
SEDUZIONE (14)
Ti guardavo
e avevo tutte le seduzioni negli occhi
Danzavo
scia di talco arabo
e nivei veli
e come Salomè
volevo la tua testa
La “luna ciprigna”
complice spettatrice del mio delitto.

DESERTODI ME (11)
Ho abitato diverse dimore d’oro sulla terra
tutte eccedenti del nulla
disadorne di pareti senza libri
disanimate da corpi senza cuore
nessuna stanza era per me
pur di andar via mi sarei finta morta.
Ho abitato in luoghi situati oltre ai confini della terra
In tempi remoti o paralleli
tra le divinità.
Ogni casa lasciata soffriva della mia assenza
I guanciali mantenevano il mio profumo
I bicchieri le impronte delle mie dita
Il letto la forma del mio corpo
Gli specchi la mia immagine
E tu?
Tu soffrivi nel deserto di me.
NON PIÙ TUA (6)
Guardando i tuoi occhi egizi e neri
intuivo le tue intenzioni
e bruciavo come le fiamme dell’inferno.
Schegge di memoria, pelle d’ambra e lingua felina mi ferivano a sangue.
Innumerevoli le volte che implorando la luna,
ho chiamato il tuo nome stretto tra il recinto dei miei denti.
Risaliva dal grembo il desiderio indomabile, il piacere dell’attesa di te
I nostri corpi, mappe divine, congiunzioni di eternità.
La tua voce “Mia dea”, mi sussurrava, non ci credevo, ma per qualche istante mi sollevava da terra.
Troppo aspre e crude le altre parole, o assenti, perse nel “sono fatto così”
Banalità del male
Tempesta di fuoco prima, acqua gelida dopo.
Lunghe pause e dolorose distanze.
Sempre parchi i tuoi gesti d’amore, ingenerosi e avari per me, che amo l’opulenza.
Ora non sanguino più
indifferente anche se rubassi la luna dal cielo per me.
Tutto appare fuori luogo
trasformato in un ricordo scolorito.
Non più tua.
E non so se trionfo o sconfitta.
CADO IN PIEDI (5)
So quando e perché sono caduta
e i dolori che ho provato.
Lancinanti, credevo insuperabili.
Ho raccolto brandelli di me qua e là.
Di ogni inciampo medaglie e trofei.
Ricompongo i miei difetti.
Mi guardo allo specchio.
Accarezzo la mia imperfezione.
E mi voglio bene perché conosco i miei carati.
Questa consapevolezza mi indica la via come un faro nella notte.
Ora so che se cado, cado in piedi.
UN PADRE? (9)
C’è stato un tempo in cui sono stata amata da te
bello e valoroso ai miei occhi ingenui di bambina
figlia prediletta mi sentivo.
Protetta da ogni sciagura
mi inebriavo delle tue favole
fiera di te, anelavo il tuo sapere
Quanto beffarda è la vita
che profana la felicità!
Presto compresi che non basta averne il diritto
per ricevere amore.
Abbandonata sine cura
“ho un’altra famiglia”, dicesti.
Giovinezza buia come l’Erebo,
imprigionata negli ingiusti sensi di colpa
e nelle dicerie vigliacche.
Per difesa, adottai l’incedere altero,
lo sguardo sprezzante e la penna brandita come un fioretto.
Idealizzavo di te nelle mie fantasie,
riparo dalla feroce verità
di essere orfana di padre vivo.
TERRA NATÌA (3)
Mai a cuor leggero
vengo a te, Zancle.
Rea di essere palcoscenico ignaro dei più grandi dolori della mia vita.
Eppure rimani ancora impenitente.
Lacrime grosse come pietre precipitano per terra,
frantumandola in mille schegge, così anche il mio cuore.
Guardo il mare, faccio mia la sua forza e sto.
Miracolosamente sto.
FREMITO (8)
C’è un forte vento stasera
vento da est
vento da cerchi artemidei e danze intorno fuoco
aggroviglia i capelli in spire serpentine
sparpaglia i pensieri
strofina i desideri,
li accende come pietra focaia
Un pensiero si fa rotondo
come palla di fuoco
rotola fino ai tuoi piedi
Lo raccogli e ne fai
un incanto onirico
TOPPE D’ORO (7)
Ho eliminato i sensi di colpa, fardelli iniqui da portare
Rimane una profonda compassione per me
Per tutte le volte che avrei dovuto essere amata per diritto e non lo sono stata
Per tutto quello che ho superato
In silenzio
Da sola
Ho rammendato la mia anima lacerata con toppe d’oro
RANDAGIA (10)
Sei andata via
lasciando l’immutato permanere di Caino e Abele.
Non obbedisco ai vincoli di sangue, onoro quelli d’amore.
La mia mente indugia nei ricordi
di aspre divergenze
di pensieri distanti e diversi
di antiche preferenze che mi vedevano esclusa.
Desideravo carezze ed elogi
ricevevo silenzio o parole come coltelli: “sei come tuo padre”
Restituivo ostilità.
I miei passi mi hanno condotto lontano
ma nel guardare indietro il non detto mi squassa il petto.
Tradimenti immeritati mi sorprendono alle spalle
un magma intestino che urla giustizia mi brucia.
Randagia, ho adottato me stessa
ma ho ancora fame e sete.

CONGEDO (15)
Ho visto volti senza anima
Con sguardi vuoti come allocchi
tenere conversazioni fatte di aria
Guardavo e ascoltavo
come nella visione autoscopica – fuori dal corpo
Io spettatrice imposta di una vita non mia
solo tua l’assenza del vero
maschera fra le maschere
Aggrappata alla sopravvivenza
offrivo di me presenza assenza
Mi guardo allo specchio
Riflesso sbiadito. Sono io?
Rivoglio la mia luce
Mi congedo da te
ieri per sempre
BACIO SULLA FRONTE (12)
Io così fuori dal tempo
nella ricerca della bellezza
con la tavola abbigliata di trine e porcellane
con i biscotti riposti in un vaso di vetro
con i ritratti nelle cornici d’argento
con gli asciugamani di fiandre e lino
con il profumo di lavanda nei cassetti
Io così dentro il tempo
con la mia disobbedienza
con la fierezza di donna
con la mia indipendenza che non può essere barattata
Io così oltre il tempo
che vorrei mi salutassi con un bacio sulla fronte.
I MIEI SENI (13)
I miei seni recano ancora le impronte delle tue mani
Le mie orecchie, l’eco dei tuoi audaci sussurri
Mi bracca ancora il tuo sguardo ipnotico
come quando ti cibavi della mia ambrosia
perlustrandomi tutta e
agitandoti dentro di me
mi incoronavi regina sull’altare dei sensi
L’incanto, la malia.
Dannati a desiderarci per sempre
MI TIENI STRETTA (14)
Ti tengo stretto
I nostri corpi
danze tribali
di fiele e miele
di acqua e fuoco
di cielo e terra
Ti tengo stretto
grovigli di lingue serpentine
Ti tengo stretto
tu maestro d’orchestra
io chiave di violino
musica soave sotto le tue dita
Ti tengo stretto
spasmi involontari al pensiero di te
fremiti voluttuosi al contatto con te.
Alta marea nel mio ventre
Mi tieni stretta
TESTI DI PATRIZIA ZITO. IMMAGINE DI ANTEPRIMA REALIZZATA DALL’UFFICIO GRAFICO DI EXCALIBUR PROMO. DISEGNI DI GIOVANNI DE DOMENICO. RIPRODUZIONE RISERVATA